Sette racconti a formare un libro dove il titolo fa il verso a una nota serie di film, con protagonista un serial killer, "filmaggi de paura", li avrebbe definiti il grande regista Rokko Smithersons (alias il comico Corrado Guzzanti), ma in questi racconti, a mio avviso, di paura ce n’è poca. I primi quattro sono scritti soltanto da J. R. Lansdale, mentre gli ultimi tre in collaborazione con la figlia Kasey.
La struttura si ripete e viene riproposta con avversari e contesti diversi, ma in fondo è sempre lo stesso modus operandi. Abbiamo una detective: Dana Roberts, che si definisce un’investigatrice del sopranormale (viene detto fino alla noia, in quasi tutti i racconti, che a lei non piace definire soprannaturale, è qualcosa che deve essere ancora compreso e in futuro forse la scienza troverà una spiegazione).
Dana nella prima parte (quella scritta solo da J.R. Lansdale) viene presentata da un narratore che appartiene a un “club riservato ai gentiluomini” in cui la nostra eroina è invitata per raccontare le sue avventure. L’investigatrice in questi racconti parla in prima persona, sorseggiando un bicchiere di vino alla luce soffusa di un caminetto, mentre il suo pubblico fuma sigari adagiato in comode poltrone.
C’è sempre un luogo: una casa, un albero, un faro, che è infestato da entità o fenomeni inspiegabili, cattivi e pericolosi, fino a quando non entra in gioco la nostra detective e la storia culmina nel confronto finale tra Dana e questi esseri misteriosi, ombre malevole, spettri.
Ovviamente non riescono mai ad avere la meglio, perché lei riesce a scoprire i loro punti deboli usando, insieme ai suoi due aiutanti Nora e Gary, strumenti tecnologici e moderni, ma soprattutto acqua santa, candele fatte con grasso umano, polveri benedette, versi rituali, preghiere, sale, terriccio del cimitero, cerchi protettivi e antichi simboli.
Lo stile di scrittura è asciutto e compassato e si discosta dal modo in cui vengono presentati i successivi racconti composti in collaborazione con la figlia. In questi ultimi è la nuova assistente di Dana a parlare: Jana Davis. Stavolta con uno stile più moderno che mediante l’uso, forse eccessivo, di similitudini cerca di dare un tocco humor, sarcastico direi, al racconto, come a voler trovare un punto di contatto con l’ipotetico lettore. Attraverso gli occhi di Jana vediamo l’affascinante Dana
...Dana mi sorrise, in quel modo che illuminava le stanze e faceva sciogliere gli uomini e ingelosire le donne
con lo stesso aplomb di James Bond sconfigge demoni, presenze inquietanti e Jinn infuriati, mentre Jana si affanna dietro di lei trasportando gli strumenti (oggetti/amuleti) che verranno utilizzati in queste lotte sopranormali.
Una menzione a parte per il racconto “Amore cieco”, l’unico in cui Dana non è presente e la protagonista è Jana impegnata in un “Eye Gazing Party” (vi lascio alla lettura per scoprire cosa sia). In questa storia ho provato finalmente un po’ di suspense, quell’attesa ansiosa con cui si segue l’evolversi di situazioni, senza riuscire a prevederne l'esito, anche se il finale mi ha in parte deluso, come un palloncino bucato che si affloscia.
A proposito di James Bond ("il pericolo è il mio mestiere") e di paura, una delle risposte di Dana a un personaggio del racconto “Il caso del tormento dell’uomo di stracci” è
..in verità, potremmo dire che l’assurdo è il nostro mestiere con Jana che commenta: ...pensavo che fosse il mistero, il nostro mestiere.
Il titolo originale del libro è: “Terror is our business”. Il terrore è il nostro mestiere.
Sette racconti scorrevoli, di lettura piacevole, con avventure nel mondo del soprannaturale, consigliati agli amanti del genere.
“Non aprite quella morta”
di Joe R. Lansdale e Kasey Lansdale
genere: horror
editore: Einaudi, 2022
pagine: 320