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Le infinite possibilità di comunicare un messaggio su un muro mi hanno sempre affascinato.
È pensare a un’arte fuori dai musei, che sia fruibile da tutti e che sia direttamente connessa alla città, dal punto di vista sociale, artistico e culturale. Se poi ci aggiungo la completa e più disparata libertà espressiva e tematica, questo metodo non fa che piacermi sempre di più.
Amo i murales e l’impatto che hanno, come colorano la città e le danno vita.
Ogni città ha il suo stile, il suo modo di comunicare attraverso questi muri parlanti, talking walls, che raccontano tante storie.
Nel corso degli anni ho spesso fotografato i muri che mi hanno stupito ed affascinato, da Los Angeles a Valparaiso, da George Town a Cartagena, e poi Cracovia, Londra, Milano…
Qualcuno potrà trovarli grezzi, poco raffinati, non equiparabili a una forma d’arte.
Ma piuttosto che vedere pareti tristi, spente e scrostate che rendono le città solo più degradate, i murales accendono di vita e di colori interi quartieri. Sempre più spesso fioriscono progetti che riqualificano delle aree urbane proprio usando nient’altro che bombolette spray, stencil e fantasia: così gli artisti che li producono raccontano con nuovi modi la città e le persone che la abitano