Perché siamo così attratti dalla rappresentazione del male? un’analisi sorprendente del nostro lato oscuro attraverso grandi produzioni della cultura di massa
Un libro per confrontarci con la nostra ombra senza rimuoverla per capire perché siamo attratti dalla visione del male: perché abbiamo bisogno di mostri?
In libreria dal 19 marzo - pagine 192 - euro 15,00
«Se è vero che la violenza regna nell’universo animale, solo la crudeltà umana si annuncia come volontà di causare deliberatamente sofferenza. Abbiamo volutamente rimosso e occultato questa pulsione inconfessabile che non risparmia nessuno, neppure le creature che consideriamo per definizione innocenti come i bambini. Ma abbiamo sottovalutato le pericolose conseguenze di questa estromissione: il rimosso ritorna, in modo incontrollato e imprevisto. È tempo di guardare in faccia il volto della Medusa, affrontando il rischio di rimanere pietrificati».
In libreria dal 19 marzo - pagine 192 - euro 15,00
«Se è vero che la violenza regna nell’universo animale, solo la crudeltà umana si annuncia come volontà di causare deliberatamente sofferenza. Abbiamo volutamente rimosso e occultato questa pulsione inconfessabile che non risparmia nessuno, neppure le creature che consideriamo per definizione innocenti come i bambini. Ma abbiamo sottovalutato le pericolose conseguenze di questa estromissione: il rimosso ritorna, in modo incontrollato e imprevisto.
È tempo di guardare in faccia il volto della Medusa, affrontando il rischio di rimanere pietrificati».La violenza è dappertutto e noi siamo inevitabilmente attratti dalla sua rappresentazione. Di questo bisogno si sono occupate la letteratura, l’arte, la filosofia e la psicanalisi. Il cinema e le serie tv hanno riconfigurato i codici espressivi con cui ci viene raccontata la crudeltà umana: l’accostamento conturbante di musica classica e brutalità nelle memorabili sequenze di Arancia meccanica o la corsa frenetica per la sopravvivenza in Squid Game sono solo alcuni degli esempi attraverso cui la filosofa Lucrezia Ercoli analizza il complesso rapporto tra il male e il suo doppio, la sua immagine.
Che cosa vediamo realmente quando assistiamo passivi al dolore altrui, alle raccapriccianti fotografie che ritraggono le vittime di serial killer come Jeffrey Dahmer? Volgere lo sguardo altrove potrebbe solo temporaneamente alleviare le nostre coscienze.
Occorre, invece, riflettere sul nostro stato di ‘consumatori di malvagità’ per trasformare la nostra sete di violenza in una volontà di comprendere, di fare i conti con l’abisso che abita ognuno di noi. Come scrive l’autrice: «Il viaggio nella crudeltà umana non ci consente di sfuggire a noi stessi […] È tempo di mettere a fuoco le contraddizioni che ci costituiscono, di confrontarci con la nostra ombra senza rimuoverla».
LUCREZIA ERCOLI, nata a Macerata, è docente di storia dello spettacolo all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Dal 2011 è ideatrice e direttrice artistica del festival di filosofia del contemporaneo Popsophia, che coniuga la riflessione filosofica con i fenomeni pop della cultura di massa. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia e Teoria delle scienze umane presso l’Università degli Studi di Roma Tre, dove ha collaborato con le cattedre di Estetica musicale e Filosofia Morale. Collabora con le trasmissioni culturali di Rai5 e RaiPlay. Fra le sue ultime pubblicazioni: Chiara Ferragni. Filosofia di una influencer, il Melangolo, Genova 2020; Yesterday. Filosofia della nostalgia, Ponte alle Grazie, 2022.