"Le lacrime del commissario" di Sergio Cova. Intervista di Tiziana Viganò
- Tiziana Viganò
- 25 ott 2021
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 26 ott 2021


Una giornalista d'inchiesta, Caterina Sala, scopre una pista pericolosa e la polizia trova il suo corpo carbonizzato, identificato tramite documenti e cellulare, ma il commissario Scalabrin sente che non è così. Sala dev'essere viva e deve trovarla, non foss'altro per alleggerire la tristezza infinita e il senso di colpa che l'ha invaso con la morte di una donna che lo amava, pur non ricambiata. Scoperchierà un verminaio: veterinari senza scrupoli pronti a ogni truffa, esami clinici truccati, un allevamento degli orrori.
Il protagonista è il commissario Andrea Scalabrin che opera nell'immaginario paese di Samagno sul lago Maggiore e torna dopo otto anni dalla sua seconda e ultima indagine ("Una via d’uscita") e altri tre libri che hai scritto prima di questo.
1. Lascio a te qualche particolare della trama che puoi raccontare senza svelarci troppo.
Il romanzo comprende due indagini parallele, una portata avanti da Scalabrin e la seconda dal maresciallo Carini, un personaggio presente anche nei precedenti romanzi, che deve far luce sull’omicidio di Spartaco Fidanza, un uomo sempre in bilico tra legalità e illegalità, sospettato di gestire una bisca clandestina. Fidanza è stato ucciso da un colpo di pistola nella dependance della sua villa e la guardia del corpo, accorsa dopo aver sentito lo sparo, vede scappare un debitore di Fidanza, un poliziotto, Massimo Vinci, agente della squadra del commissario Scalabrin.
Nell’indagine di Scalabrin ho voluto sottolineare l’aspetto malinconico di un uomo che è costretto a indagare la vita lavorativa e soprattutto privata di una persona che ha sempre cercato di tenere lontano da sé. Ma non è il solo aspetto tragico nel romanzo. A Scalabrin capita un po’ di tutto, dall’accusa di omicidio rivolta a un suo agente, a un piccolo e banale infortunio alla caviglia che lo mette per un po’ fuori combattimento.

2. Il lettore attento coglierà gli indizi che semini nel testo, ma alla fine il colpo di scena arriva: come costruisci i tuoi romanzi, struttura, linguaggio, personaggi, intreccio?
Ho un metodo di scrittura anomalo e forse macchinoso. Tutto inizia da una traccia, qualcosa che ho sentito oppure, come nelle Lacrime del commissario, da un articolo letto. Penso a un possibile sviluppo della trama che, almeno all’inizio deve essere il più semplice possibile. Invento quindi i personaggi principali, quattro o cinque, per i quali faccio una breve descrizione fisica e caratteriale così da averli bene in mente. Nel caso di Scalabrin e della squadra, avendo già scritto tre romanzi, è molto più semplice, visto che il gruppo esiste già. Poi preparo una specie di scaletta con le varie azioni, le scene come se fosse una sceneggiatura, tranne il finale che di solito lascio aperto e decido in fase di scrittura. La prima stesura è alla vecchia maniera, a mano su un quaderno. Poi passo tutto al computer e taglio, aggiungo, sistemo. Una volta terminato il romanzo, lo lascio nel cassetto un po’ di tempo per poi riprenderlo e aggiustare quello che non mi convince.
Andrea Scalabrin è un bel personaggio, è un poliziotto serio, integerrimo e capace, vuole andare a fondo delle indagini e scoprire le motivazioni degli omicidi, usa la scienza e la tecnologia come supporto, ma sono il fiuto da cacciatore e l'intuito che lo guidano all'azione. È anche un uomo in cui è facile identificarsi, mostra un lato umano, a volte fragile, come nell'incidente in moto di cui cerca di nascondere la causa; è empatico, si fa coinvolgere nelle indagini tanto da arrivare a piangere d'impotenza, d'amarezza e di senso di colpa, difende il suo ispettore Vinci caduto nella rete degli strozzini, non lo lascia solo.
3. C'è un personaggio in cui ti identifichi nei tuoi libri? Forse un po' assomigli a Scalabrin?
È curioso, ma di solito, anziché creare il protagonista a mia immagine e somiglianza, sfrutto l’occasione per inventare un alter ego, con pregi e difetti che non sono miei, interessi e abilità che mi servono per placare la mia curiosità. Quindi Scalabrin è appassionato di auto e moto, soprattutto le Harley Davidson, mentre io, parafrasando Guccini “coi motori non ci so fare, un tipo perso dietro le nuvole e la poesia”. Scalabrin suona la tromba e ascolta jazz, io sono negato per qualsiasi strumento. C’è qualcosa di me, piccole sfumature, magari in altri personaggi, sicuramente in più di uno, ma niente di speciale.
Scalabrin è sempre sarcastico con i superiori, non si illude e ha ragione: ci sono troppe cose che non funzionano nelle forze dell'ordine, c'è corruzione nella politica, marciume nella società, così ha la sensazione di combattere contro i mulini a vento, ma è ostinato e combatte le sue battaglie.
4. E tu che ne pensi?
Penso che siamo sommersi dalla burocrazia, in ogni aspetto della vita quotidiana. Che se un tempo si agiva per buonsenso, ora il primo pensiero è quello di non avere responsabilità. Ho alcuni amici in polizia e Scalabrin, nel suo piccolo, si fa portavoce degli aspetti assurdi con i quali devono convivere ogni giorno poliziotti, carabinieri e tutte le forze dell’ordine. Quando, per esempio, inseguendo e catturando un ladro, è il poliziotto a subire un’indagine interna per non aver seguito il protocollo.
5. È interessante parlare della notizia vera che ti ha ispirato il giallo.
Già, ma ho sempre il timore di svelare troppo e togliere un colpo di scena al romanzo. Posso dire che è una notizia vecchia e che, per fortuna, non mi è più capitato di leggere. Mi era capitata sottomano nel 2015, mentre stavo ultimando “Il piano del Gatto” e infatti la prima stesura de “Le lacrime del commissario” risalgono a quel periodo. Poi il romanzo è rimasto nel cassetto, non dimenticato, ma avevo voglia di scrivere altro, fino all’anno scorso, quando l’ho sottoposto a Morellini, il quale è stato fin da subito entusiasta.
6. La squadra è variegata, ben coordinata da un leader capace, sono persone "normali" pur con le loro piccole magagne. Ce li descrivi?
La squadra del commissario Scalabrin è composta da Mutti, il suo vice, nipote del questore e per questo motivo pigro, indolente, scansafatiche e scaricabarile. È il più odiato perché ottuso e svogliato, anche se ogni tanto dimostra di saperci fare. Patuzzi è l’alter ego di Mutti, onesto e instancabile, sempre disponibile, intelligente e di buon cuore. Vinci, il latin lover del gruppo, in questa vicenda sarà alle prese con il vizio del gioco e con l’accusa di un omicidio dalla quale deve difendersi. Altri due personaggi a cui sono affezionato sono il medico legale Guerini, preso a immagine e somiglianza di un mio vecchio allenatore, un uomo sagace, con la battuta pronta e il commento sarcastico sulla punta della lingua e Davide Carini il maresciallo dei carabinieri incaricato delle indagini sulla morte di Fidanza. Amico di Scalabrin, era già comparso nel primo romanzo “Tutti colpevoli”
7. I giallisti italiani amano descrivere il loro territorio: quanto influiscono i luoghi bellissimi in cui vivi?
Ho sempre sostenuto di non essere in grado di scrivere una storia ambientandola in un posto che non ho mai visitato. Sono convinto che il lettore se ne accorga. L’ambientazione non è solo la descrizione del paesaggio, ma ci sono profumi, emozione, sfaccettature che rendono veri e vivi i luoghi in cui si svolge la vicenda. Anche se Samagno è un paese inventato, non lo sono le strade, gli angoli di lago e di collina, le case. A volte anche le vie. Attingo a quello che vedo, quello che mi circonda e chi legge ha il piacere di ritrovare questi luoghi anche se con nomi che non corrispondono alla realtà.
8. Hai qualche scrittore di riferimento, un modello cui ti ispiri?
Mi piace leggere soprattutto scrittori italiani. Mi piace molto Alessandro Robecchi ultimamente. Ma anche i pilastri come Camilleri, Valerio Varesi, Antonio Manzini, De Giovanni. Se devo dire il nome di un autore straniero la scelta va su Stephen King. Adoro però Arturo Perez Reverte per il modo in cui crea storie avvincenti con personaggi meravigliosi e uno stile che sì, vorrei fosse tanto il mio.
9. Hai cominciato a pubblicare gialli nel 2011, prima avevi avuto altre esperienze letterarie?
Ho iniziato a scrivere nel 2008 grazie a un corso di scrittura regalato da una coppia di amici. I primi racconti pubblicati in alcune antologie erano storie semplici, scritte con ingenuità, ma genuine, senza troppi pensieri. Avevano tutte un filo comune: magari non vere e proprie storie gialle, ma con un mistero, un vecchio segreto da scoprire. Nel 2011 è uscito il primo romanzo “Tutti colpevoli” con protagonista Scalabrin e, a parte qualche racconto poi pubblicato con il Giallo Mondadori, ho abbandonato le storie brevi per i romanzi.
10. Il libro è dedicato al tuo cane e a....
È dedicato a due cani, Nike e Margot, madre e figlia che ci hanno lasciato a distanza di un mese, due anni fa. Nike è anche citata nel romanzo, come nuovo animale da compagnia in casa del commissario. I cani sono i protagonisti veri del romanzo, esseri indifesi per i quali Scalabrin prova un amore infinito, che lo porta anche ad andare contro i superiori.
11. I tuoi progetti per il futuro...
Nell’immediato ho una serie di presentazioni ed eventi per promuovere Le lacrime del commissario. Sto lavorando a un’altra storia, la sto scrivendo nei ritagli di tempo che sono sempre pochi. Chissà se e quando riuscirò a terminarla.
Le lacrime del commissario
di Sergio Cova
genere: giallo
editore: Morellini
pagine: 224
