Un romanzo sull’amicizia tra un ebreo e un palestinese, che sembra così impossibile oggi. Eppure è una storia vera, scritta da Diego Brasioli, diplomatico della Farnesina per molti anni in paesi dalla politica complessa e difficile, dove l’integrazione tra etnie sembra un miraggio.
Il fatto di cronaca a cui si è ispirato è accaduto nel 2002, l’agguato mortale a un ebreo americano a Gerusalemme. Con competenza e misura Brasioli racconta un rapporto profondo tra due famiglie che vivono in un contesto di violenza e guerra o di costante tensione, oggi e da tanti, troppi anni.
Ma qualche volta l’integrazione succede, e dovrebbe diventare il futuro per popoli tormentati e torturati dalla storia. La coesistenza pacifica potrebbe diventare possibile, anche se con l’attuale guerra di Gaza oggi ci sembra irrealizzabile.
Tamer Hammoud è palestinese, Dori Goldman è ebreo e sono amici da trent’anni.
Nel1963 Dori, nato e vissuto ad Atlanta, si imbarca su una nave per andare a Gerusalemme. Un momento doloroso per gli USA: proprio durante la traversata arriva la notizia dell’assassinio di Kennedy, ma lui è determinato a raggiungere la terra promessa, a visitare i suoi parenti. Appena sbarcato capisce di essere arrivato a casa e lì rimarrà per sempre.
Un uomo normale, Dori Goldman, tranquillo, educato, pacifico, "normale", che verrà a trovarsi in una situazione straordinaria, confusa, violenta, dove niente è come sembra, dove ogni voce racconta una storia diversa dalle altre, dove è difficile trovare un confine tra bene e male, dove fiumi di parole sono state spese senza mai trovare la verità.
Dori si sente solo nella vecchia città, divisa da filo spinato, non conosce né l’ebraico né l’arabo, ma dopo qualche anno, ormai sposato e con figli, passeggiando per i vicoli trova un caffè accogliente, un rifugio, un luogo in cui tornerà ogni giorno, il caffè di Tamer, un arabo.
Un’amicizia sincera quella che lega le due famiglie Hammoud e Goldman, la loro vita scorre in un contesto dove tensione e violenza sono incendi pronti a esplodere, ma dove, almeno fino a un certo punto, si può ancora vivere.
Il tempo scorre: nel 1967 Moshe Dayan occupa Gerusalemme est ,realizzando il sogno millenario degli ebrei della diaspora. Ma “la gioia degli uni è spesso il dolore di altri”, le famiglie sono divise, in fuga, confinate in territori smembrati a forza. Sempre di più “le ragioni dei violenti sembrano sempre più forti di chi vuole la pace”. Si arriva alla seconda Intifada, nel settembre 2000 e le discussioni divampano nel caffè di Tamer, poi l’11 settembre...poi...poi...
In questo breve romanzo, denso di significati, brani del Corano e preghiere si alternano a scritture e preghiere rabbiniche nella lingua originale: gli eventi personali dei protagonisti, pur nascendo da un fatto realmente accaduto, sono romanzati, ma osservazioni, frasi eventi sono raccontati con maestria da chi conosce bene il conflitto mediorientale. Già pubblicato nel 2002 e ristampato oggi da Mursia è attuale più che mai, leggerlo fa pensare, desiderando una pace che sembra impraticabile in un mondo che sembra sul punto di esplodere sotto l’urto di un odio senza fine e limite.
“Il caffè di Tamer”
di Diego Brasioli
genere: narrativa italiana contemporanea
editore: Mursia, 2024
pagine: 84
Diego Brasioli (Roma, 1961) è un diplomatico di carriera. Presso la Farnesina, è stato presidente del Comitato Interministeriale per i Diritti Umani, direttore per il Nord Africa e il Medio Oriente, direttore per la Sicurezza e il Disarmo e vicedirettore generale per gli Affari Politici. Ha lavorato in varie sedi diplomatiche all’estero: in Pakistan, Giordania, Libano, a Los Angeles negli Stati Uniti e, come ambasciatore d’Italia, in Romania e Lussemburgo. Con Mursia ha pubblicato il romanzo Le stelle di Babilonia, vincitore del Premio Gaeta per la Letteratura di viaggio e di avventura (2007).