STORIA DEL GIALLO
Nel 1990 la Crime Writers' Association, prestigiosa organizzazione che raggruppa i più famosi giallisti inglesi pubblicò un libro che conteneva una lista con i cento migliori romanzi gialli di tutti i tempi e il primo posto fu appannaggio di “La figlia del tempo” (The Daughter of Time), giallo storico di Josephine Tey del 1951.
In questo bellissimo giallo L’INVESTIGATORE ALAN GRANT svolge la sua indagine nel letto di un ospedale.
Costretto a letto da un banale incidente Grant, infatti, si annoia a morte e per caso si trova ad affrontare un caso celebre che riguarda il celebre Riccardo III, Re d’Inghilterra ed ha come vittime i suoi nipotini, figli di Edoardo IV, che furono rinchiusi nella Torre di Londra.
Secondo la leggenda nera, furono fatti uccidere da Riccardo III per usurparne il trono, ma Grant, pian piano, sfruttando il suo intuito da vero segugio di razza, si trova a capovolgere nettamente le tante bugie che si sono accumulate nei secoli su questa vicenda e, convinto che - come dice il vecchio proverbio - “La verità è figlia del tempo”, riesce a trovare il bandolo della matassa di questo intricato giallo storico.
“La figlia del tempo” è il capolavoro della scrittrice scozzese Josephine Tey e fu lo spunto per un altro notevole romanzo di Colin Dexter “Questione di metodo” dove L’ISPETTORE MORSE, ricoverato in ospedale a causa di un’ulcera perforante, si dedica ad un’indagine nel passato grazie ad un libretto regalatogli dall’anziana moglie di un ricoverato, che riporta il resoconto dell’inchiesta sulla morte nel 1859 di una ragazza annegata nell’Oxford Canal. Ben presto Morse capisce che i due uomini condannati a morte per l’uccisione della ragazza sono innocenti e trova le prove per scagionarli.
Questi gialli particolari hanno come protagonisti due “Armchair Detective”, “investigatori in poltrona” come sono stati definiti in quanto svolgono le loro indagini molto lontano dalla scena del crimine, sia nel tempo, come avviene in questi due casi, sia nello spazio.
Non è strano che il primo “Armchair Detective” sia stato anche quello considerato il primo detective in assoluto. Il romanzo giallo, secondo moltissimi critici, nasce a Parigi nel 1841, dopo l'efferato omicidio di un'anziana signora e di sua figlia. Il caso, dopo le infruttuose indagini della polizia viene risolto dal geniale acume del SIGNOR DUPIN vero archetipo dell'investigatore deduttivo che tanta fortuna avrà nell'epigono Sherlock Holmes.
Nel romanzo di Edgar Allan Poe (vero inventore della formula magica della "detection") "Gli assassinii della Via Morgue" Auguste Dupin risolve il mistero partendo da un ragionamento per cercare le prove che lo sostanzino. Dopo questo exploit Dupin è protagonista del perfetto racconto "La lettera rubata" in cui scopre il nascondiglio della lettera cercato invano da tanti segugi guardando nel posto più logico e perciò meno probabile. Alla fine del 1842 nel "Mistero di Maria Roget", ispirato da un caso realmente accaduto Dupin risolve il mistero della scomparsa di una graziosa ragazza senza muoversi da casa e basandosi solo sugli articoli del giornale. In una nota aggiunta all'edizione in volume dei suoi "racconti" Poe ha annotato di "aver effettivamente risolto il caso reale" con notevole anticipo rispetto alla polizia anche se recenti studi hanno dimostrato che il caso non è mai stato chiarito sino in fondo.
DUNQUE DUPIN È IL PRIMO INVESTIGATORE IN POLTRONA, figura fondamentale nella grammatica del giallo, visto che verrà utilizzata da tantissimi autori sin dai primi vagiti di questo nuovo e affascinante genere narrativo.
Tra il 1901 ed il 1909 sul “Royal Magazine” comparvero le avventure di uno strano e piuttosto scorbutico personaggio chiamato il vecchio nell'angolo. L'autrice di questi racconti era la baronessa Emmuska Orczy, famosa per la saga della Primula Rossa, che stila un copione fisso dove la giovane giornalista Polly Burton dialoga con un misterioso individuo che commentando notizie comparse sui giornali trova il bandolo delle matasse tanto complicate quanto tipiche dell'epoca in cui furono scritte. C'è da notare che l'ultimo racconto della raccolta “La misteriosa morte in Percy Street” ha un finale tanto spiazzante quanto ispiratore di uno dei più celebrati gialli di Agatha Christie.
Secondo gli studi del francese Jean-Pierre Colin, l’universo narrativo poliziesco si fonda in genere su tre costanti: esiste un equilibrio sociale che ad un certo punto subisce una brusca cesura (il delitto, D). L’equilibrio interrotto viene ristabilito [R] grazie ad un’inchiesta, un’indagine intellettuale (I) e/o un’indagine materiale (M) che in genere è l’inseguimento del colpevole. La prima forma di indagine è tipica del giallo classico all’inglese o “WHODUNIT” mentre la seconda è caratteristica del romanzo nero americano l’”HARD BOILED”.
Lo schema tipico di questa forma di narrativa è di solito il seguente:
D------I-----------M---------R
Nel giallo classico l’indagine intellettuale ha una parte preponderante, a volte addirittura esclusiva, spesso l’indagine materiale non esiste proprio, è uguale a zero, come in molti romanzi di Agatha Christie, Van Dine e Ellery Queen, per cui lo schema risulta il seguente:
D--------------I-------------------R. (M=0)
(Nei romanzi di REX STOUT invece c’è un sapiente dosaggio di queste due variabili dove l’indagine intellettuale (I) viene svolta da Nero Wolfe, auto-recluso in casa, mentre il compito di raccogliere prove e l’indagine materiale (M) è di stretta pertinenza di Archie Goodwin o di altri detective ingaggiati all’occorrenza come Saul Panzer).
E' proprio Nero Wolfe il più famoso investigatore in poltrona, chiuso nella casa di arenaria nella Trentacinquesima strada dove si dedica a tirare le fila degli indizi e dei rapporti stilati dai suoi uomini di fiducia capitanati dal brillante Archie Goodwin.
Sono pochissime le occasioni in cui Wolfe esce di casa e perciò vengono ricordate in maniera indelebile dai suoi tanti fan.
Il suo modo di investigare è stato ripreso anche nei gialli storici di Margaret Doody che hanno come protagonista Aristotele, lo Stagirita. Ambientati in un contesto storico molto curato e attendibile, i romanzi hanno intrecci gialli accettabili e forniscono un carismatico precursore al celebre metodo deduttivo di Sherlock Holmes. Un'altra somiglianza con il detective creato da Sir Arthur Conan Doyle è dato dalla presenza del giovane Stefanos che fa le veci del dottor Watson e riporta alla memoria anche l'Archie Goodwin, galoppino di Nero Wolfe, perché svolge le indagini che poi vengono sbrogliate dal filosofo, che come Nero Wolfe, difficilmente si muove da casa. Gialli estremamente godibili, i romanzi della Doody coniugano in modo eccellente erudizione storica e intriganti plot polizieschi.
La genesi dell'espressione “Investigatore in poltrona” è decisamente nobile in quanto viene fatta risalire nientemeno che a Sherlock Holmes che nel racconto “L'avventura dell'interprete greco” del 1893, contenuta nella raccolta “Le memorie di Sherlock Holmes” al fido Watson che gli chiedeva come mai il fratello Mycroft, che qui appare per la prima volta nel canone holmesiano, non adoperasse le sue doti in ricerche poliziesche, risponde: “Ho detto che mi era superiore per forza di osservazione e di deduzione. Se l'arte del poliziotto incominciasse e finisse in un ragionamento da poltrona, mio fratello sarebbe il più famoso agente investigatore dell'universo. Ma non possiede né ambizione né energia.” (“I said that he was my superior in observation and deduction. If the art of the detective began and ended in reasoning from an armchair, my brother would be the greatest criminal agent that ever lived. But he has no ambition and no energy.)
Anche HERCULE POIROT, che di solito partecipa attivamente alle indagini, interagendo e gestendo ogni indizio con particolare interesse, in uno dei primi racconti, contenuto in “Hercule Poirot indaga” pubblicato per la prima volta nel 1925, si comporta come il tipico investigatore in poltrona.
Ne “Il mistero di Hunter's Lodge” è a letto malato di influenza. “Dopo tutto”, mormorò Poirot”, è possibile che non muoia” dice il detective belga al maldestro Hastings che svolge il ruolo del Watson di turno.
Quando viene chiamato da Roger Havering, secondo figlio del quinto barone di Windsor, che lo prega di indagare sul barbaro omicidio dello zio, Poirot, conscio delle sue infallibili procedure, incarica il buon capitano di mandargli il resoconto dell'inchiesta: “Capisco, capisco, volete andarci voi vero? Ormai dovreste conoscere i miei metodi. Vi chiedo solo di riferirmi giorno per giorno e di seguire alla lettera tutte le istruzioni che vi telegraferò.”
Naturalmente l'entusiasta narratore interpreta al contrario tutti gli indizi, “vede e non osserva”, come direbbe Sherlock Holmes, e si rende conto della difficoltà dell'impresa: “Tanto vale che confessi subito che fu una cosa piuttosto deludente. Nei romanzi polizieschi gli indizi abbondano, mentre qui non riuscì a trovare nulla che mi colpisse, che sembrasse fuori dal normale, a parte una grossa macchia di sangue sul tappeto dove probabilmente era caduta la vittima.”
Per fortuna Poirot legge capovolge tutte le deduzioni errate di Hastings e dal suo letto riesce a sbrogliare un caso particolarmente intricato.
E' però nel racconto “Il rapimento del Primo Ministro” che il detective belga mostra le basi della sua teoria investigativa, in aperta polemica con il “metodo Holmes”.
“Non è così che il buon investigatore dovrebbe comportarsi, vero?” si infuria infatti Poirot con i poliziotti che gli vogliono far cercare fisicamente per i porti francesi il Premier inglese misteriosamente scomparso. “Intuisco i vostri pensieri. Deve essere pieno di energia, deve correre di qua e di là, deve prostrasi sulla strada polverosa e cercare con la lente di ingrandimento le tracce di ruote. Deve raccogliere i mozziconi di sigaretta, i fiammiferi buttati per terra. Questa è la vostra idea vero?”
“Ma io, Hercule Poirot, vi dico che non è così. I veri indizi sono qui... dentro!” e si batté un dito sulla fronte. “Vedete, non avrei avuto bisogno di lasciare Londra, mi sarebbe bastato restarmene seduto tranquillamente a casa mia. Quello che conta sono le piccole cellule grigie qua dentro. Fanno la loro parte in segreto e in silenzio e poi io chiedo all'improvviso una mappa, metto un dito e dico: “il Primo Ministro è lì” e così è. Con metodo e logica si può fare qualunque cosa!”.
Perciò anche Poirot, uno dei massimi campioni dell'arte investigativa, anche se poi seguirà fisicamente ogni inchiesta, approva e sponsorizza l'indagine svolta dalla poltrona, e che, pensandoci bene, è quello che facciamo sempre noi lettori, essendo i primi e più motivati “Armchair detective”.